Sul finire dello scorso anno mi sono messo a piangere per questo disco. Per me è stato il migliore del 2010, in assoluto.
Curiosità è che si tratti di un disco di black metal, genere che non capisco, non mi piace, non mi affascina, non mi intriga per nulla. L'estremismo in musica mi è sempre andato, il rischio pure, ma gli algidi gruppi afferenti a questo genere non mi sono mai garbati, forse perché nella loro musica non era nascosta nessuna debolezza (apparentemente) e la trama era così fitta e complessa da non lasciare trasparire alcuna luce. Sono per il lato debole insomma.
Sotto sotto però aspettavo l'evoluzione, come in tutte le cose, verso una nuova fase. Diciamo la maturità dopo l'adolescenza di questo genere.
Ed ecco arrivare i Lantlos, per me pura poesia.
Con una magistrale talea i nostri innestano nella pianta nerastra del metal lo shoegazing più fragile e il post rock più rapido e pesante (If these trees could talk, tanto per citarne uno dei vari gruppi), ottenendo un sound commovente.
Disperso tra la tristezza, la solitudine cristallina di chi vaga da appartamento ad appartamento, di cuore in cuore sensa trovare casa (lantlos in dialetto tedesco significa "senza tetto"...) e l'assenza di un antidolorifico decente, che ti fa urlare disperato.
E sono solo in due a fare tutto questo. Herbst, tutti gli strumenti e i testi. Neige, già dei francesi Alceste, alla voce.
Anche se non vi siete fati convincere sentite almento pulse/ surreal. Per me sublime.
Lo trovate qui .
Nessun commento:
Posta un commento