martedì 28 giugno 2011

FELT

La POP band perfetta del decennio. Nessuno a loro confronto ha avuto la stessa quantità di grazia per incarnare lo spirito del proprio tempo: i Felt sono il succo degli anni 80.
So che le mie affermazioni sono gratuite, ma questo blog nasce anche con il proposito di influenzare il vostro gusto musicale.
I Felt sono dei maledetti inglesi purosangue. Guidati dalla voce di Lawrence, la versione british di Lou Reed, i componenti della band colorano ciò che egli scrive con una eleganza che rasenta il lusso. Quali possono essere le note che accompagnano dei versi come: “I will be the first person in history to die of boredom/ and I will have as my epitaph the second line of "Black Ship In The Harbour”…laddove la suddetta Black Ship, alla linea due dice  “I was a moment that quickly passed”? Sicuramente musica adolescenziale, oscura, ma lirica e ironica. E infatti.  Basta sentire l’assolo di The Stagnant pool (cinque stelle a questo pezzo), del magnifico chitarrista classico Deebank, o l’organo sempre controllato di Martin Duffy in Riding on the Equator.
Comunque. Questo è un post totale. Adorate.

Crumbling the antiseptic beauty & The splendour of fear

The strange idols pattern and other short stories

Ignite the seven cannons

Let the snakes crinkle their heads to death

Forever breaths the lonley world

Poem of the river

The Pictorial Jackson Review

Train above the City

Me and a monkey on the moon


ISHAQ - She's sleeping (official video)


Amici...presto su questi schermi, in parole. Ora in tanto, solo su questi schermi.

lunedì 27 giugno 2011

G. LOGAN - The Giuseppi Logan Quartet

Tra le due pietre miliari del freejazz incise per la ESP records dal nostro sassofonista, preferisco l'album "The Giuseppi Logan Quartet". Forse perchè meno preso dall'eroina di cui si faceva, Giuseppi Logan qui trova un bilancio positivo tra cacofonia, melodia, poliritmia. Sebbene difficilissimo quest'album conferma la bellezza del freejazz originario, laddove la maleducazione della timbrica è provocazione di ottimi musicisti, non debolezza tecnica. E' il fascino morboso della tenia, del lombrico cieco che avanza comunque, macinando zolle indigeste e lasciando disprezzato piccolo letame per far nascere la vita. Basta appunto sentire Dance of Satan per impallidire e stracciarsi le viscere, guidati da questo fachiro tossico. Due ascolti in fila non sono concessi, poi bisogna riflettere. Gira in uno stupendo cartonato reissue della ESP...
Qui per farsi una idea.

martedì 21 giugno 2011

SIGH - Scenes from Hell

Ecco sì, diciamo che i Sigh sono "particolari". Cioè i primi 55 secondi sono normali, poi non capisci cosa centrano i fiati da trio messicano in prima linea, mentre suonano in un pachinko... Il fatto è che i Sigh sono una band giapponese in contestante evoluzione: dal primo crudo black metal al progressivo inserimento di pianoforte, archi e ora anche fiati, mischiando crudeltà a crudità. Eh sì perché è salita a bordo anche la Dr. Mikannibal, una mia amichetta di facebook, che oltre a fregiarsi di un Phd in biologia, suona pure il sax, se non è impegnata a farsi fotografare con carne cruda e sangue addosso. Il disco potrebbe essere considerato comico dall'ascoltatore meno dedito e poco smaliziato. Una sorta di Spinal Tap d'oriente in salsa occultista (Mikkyo per la precisione, non satana). In realtà qui l'opera è teatrale, direi quasi lirica, nel senso più proprio musicalmente. La Madama Butterfly con addosso una maglietta dei Venom. Boom.

venerdì 17 giugno 2011

NEW BOMB TURKS - !!destroy-oh-boy!!

Eccolo qui un bel disco marcio il giusto.
I New Bomb Turks fanno rock n’roll grezzo, che puzza di benzina 88 ottani, birra rancida e chain-smoking.
Chi frequenta questo blog in cerca di nuove sonorità questa volta rimarrà deluso. Infatti in questo disco non c’è nulla di nuovo: lo avete già sentito tante volte, ma come per tutte le band punk sono le sfumature a fare la differenza. Il pelo nell’uovo è proprio il riappropriarsi della matrice e dell’attitudine del rock.
Il sound è in parte debitore degli X (quelli del live at the whiskey a go go), ma innestati su un disco dei Germs: un buon esempio sono Tattoed Apathetic Boys, Runnin’ on go, Mr. Suit e la super mitica I want my baby…dead!
Me li vedo a suonare mentre un cowboy improvvisato cerca di domare il toro meccanico, sbronzo duro…in sostanza per questi ragazzi l’importante è l’accelleratore, il drive in, una tipa che attacca al volante la gomma da masticare prima di attaccarsi a te. Con ironia ovviamente, questo è un prodotto di classe.
Io li trovo comunque fantastici, soprattutto per il lunedì sera tornando a casa dal lavoro, col volume a manetta, cicca in bocca e finestrino aperto. Uno si deve sfogare, eh.
Buon fine settimana.

mercoledì 15 giugno 2011

JAH WOBBLE'S INVADERS OF THE HEART FEAT SINEAD O'CONNOR - Visions Of You

noise x noise x noise x tape: xtape02

noise x noise x noise x tape: xtape02: " the puff police e.p."

BEDHEAD - Transaction de novo

Cercare di essere puliti, puri, incorruttibili dal mondo e dal prossimo.
Probabilmente solo a letto, dormendo.
Penso lo credessero anche i Bedhead, soprattutto con questo disco, il loro capolavoro.
Non c’è molto da dire.
E’ un disco fatto di vuoto e di delicatezza. Pochissimi muscoli, qualche guizzo di energia e rumore in pezzi come Parade o Extramundane. Io li amo quando sono assolutamente sonnacchiosi come nell’iniziale Exhume o nel roteare di foglie verdi e raggi di sole di Lepidoptera. Faccio eccezione per la penultima Psychosomatica, pop punk low-fi che ci sta a scardinare un disco così immobile.
Tanto poi ci ripensa la finale The Present a rimettervi a posto.
Niente di nuovo, ma una buona dormita sì.
Lo trovate qui .

martedì 14 giugno 2011

JOURNEY TO IXTLAN - s/t

Come suonerebbe Morricone in una band doom?
Sebbene la domanda sia alquanto strana, la risposta sonora secondo me esiste. E’ l’omonimo debutto dell’ingiustamente sconosciuto combo dei Journey to Ixtlan. Dei seguaci dello sciamano yaqui Don Juan (vedi bibliografia di Carlos Castaneda), colpevoli di questo accecante disco, nulla è dato sapere perché a quanto pare sono dei farabutti, dei veri e propri delinquenti con la fedina penale.
Quanto al disco è una intensa opera di desert rock, che muove da territori western per congiungersi alla vecchia scuola psichedelica statunitense, ma con una drammaticità di intenti ed una perversione necrofora degna di nota.
Se l’iniziale Pueblo può far pensare ad un Santana ormai decrepito strafatto di boletus velenosi e piscio d’alce (gli sciamani indiani lo facevano per avere le visioni e non morire avvelenati…non provateci soprattutto perché è difficile trovare il piscio dell’alce), la successiva Spiritual Delousing vi fa capire dove ci troviamo: una chiesa deserta nel bel mezzo di canyon rocciosi, abitata da qualche jinn dalla voce impercettibile e solforosa. The mesa è cacofonica, giganteggiante e riverberata, tranne che per una chitarra lontana. Sempre il solito sciamano sullo sfondo a parlare con il bisonte bianco. E se questa è la Mesa, figuratevi cos’è la successiva Corpse of the Mesa, ovvero il suo cadavere…un bordone d’organo messo in mano ai Sunn O)))… The Cactus Shrine ci riporta su territori più “umani”: doom acido dannato da un flauto di pan degli altopiani peruviani e funestato da un coro di condannati a morte, costretto a cantare col cappio al collo e le lacrime agli occhi. Pyramids of Light è la loro versione putrefatta ed efferata del Brian Eno più cinematografico e quando ormai non ti aspetti alcuna possibilità di salvezza, arriva il pezzo meno terrificante del lotto: Dawn of the Nagual. Il Nagual per Castaneda è colui che può guidare gli altri a nuovi livelli di percezione, alla realtà inesprimibile…effettivamente la degna colonna sonora di “Un uomo chiamato cavallo”, soprattutto nella scene di tortura. Burnt coyote teeth è la mia preferita assieme a Pueblo: un concentrato in disfacimento di LSD e frutta troppo matura con mosche e simpatiche larve. La finale Codex of Crows è la pace dopo la putrefazione: dopo la luce senza pietà del deserto, una eternità in penombra. Amen.
Lo trovate qui .

mercoledì 8 giugno 2011

noise x noise x noise xtape!

Cari miei,
questa mia solo per creare un po' di epifania, come si deve.
Nei prossimi giorni parte il mio nuovo blog, sempre dedicato alla musica. Per farla breve troverete su noise x noise x noise xtape delle compilation, alla moda delle vecchie cassettine magnetiche che forse anche voi scambiaste all'epoca della vostra prima gioventù. L'operazione è volutamente isolazionista, ovvero non vi saranno indicazioni di sorta sul contenuto della compilation. Dovrete scaricala, se attirati dalla sua copertina e dal suo titolo. Poi ascoltarla, tenerla, cestinarla. Ci sarà di tutto, dall'avangarde più estrema, al jazz più tradizionale, al pop più becero e perché no, magari del flamenco! Sempre in pacchetti dedicati e tematizzati. Ovviamente il proposito è sempre lo stesso: far conoscere la musica e invitarvi all'acquisto! Supportate l'arte e pronti con i vostri walkman.
Haikus

KISS MY JAZZ - In Doc's Place Friday Evening

Non so se si possa definire esattamente un disco nel senso di "opera compiuta". Questo qui è un calembour di  jazz, punk, freak senza troppo serietà e disciplina da parte dei musicisti. Concretamente alcuni dEUS e  i loro amici.
Ci sono tantissime, troppe idee in questo disco, alcune fanno cagare, ma sono tutte divertenti...o almeno si sono divertiti i musicisti, questo traspare da ogni nota e...rumore!
E' una avventura nata per scherzo e poi proseguita sotterraneamente nei negozi di dischi. Questo è il primo episodio.
Tra tutti i pezzi gli unici considerabili dal punto di vista della canzone sono: King of Wilrijk (per la classe del batterista - il migliore secondo me del gruppo - e per il "nice party" pronunciato dal cantante all'inizio del pezzo - George Clooney strafatto di acidi -), Bodybag (per gli assoletti finto demenziali) e Penetrator (ovviamente jazz da film porno, come si evince dal titolo).
Lo trovate qui.

martedì 7 giugno 2011

GAVIN BRYARS - Jesus blood never failed me yet

Il sangue di Gesù non mi ha mai tradito finora, questa cosa è l'unica che so, perché mi ama così tanto.
Questo è tutto ciò che sentirete cantare in questo disco, in un unico lungo loop, che si attorciglia attorno all'orchestra o viceversa.
Il piccolo verso cantato venne registrato casualmente su nastro magnetico dal compositore, mentre era profferito da un barbone ubriaco. Da lì, nella sua magnifica semplicità, è divenuto la colonna portante di questa composizione.
Nelle note di copertina Gavin Bryars racconta che quando il mix dell'album fu pressoché definitivo, si recò allo studio di registrazione, dove trovò tutti i tecnici in lacrime, intenti ad ascoltare ossessivamente l'album.
Sul valore musicale del disco devo dire che non è poi così notevole, ma l'esperimento è dignitoso e amabile.
Ah sì, quello che sentite alla fine è proprio Tom Waits che canta col barbone.
Lo trovate qui .

MOMUS - Platinum

Eh Momus 

lunedì 6 giugno 2011

DESTROYER - Kaputt

Uno dei più deliziosi album degli anni ottanta pubblicato trent'anni dopo.
Dietro il moniker di Destroyer ci sta Dan Bejar, che nel tempo libero collabora con i mitici New Pornographers. E' una scrittura ed una composizione di lusso quella incisa in Kaputt, tinta di autoreferenzialità artistica sconfitta, quella di un playboy che recita con le donne...e riesce ad essere se stesso solo davanti ad un martini, bevuto da solo. La musica è morbida e sensuale come una pelliccia di astrakan, piena di bollicine di sapone che esplodono per le vibrazioni suggerite da una tromba poco distante. Un Momus strafatto di Bellini, volendo osare con i paragoni.
Non so suggerivi un pezzo a preferenza di un altro, a parte la splendida title track. Per me comunque una delle cose migliori di quest'anno.
Dimenticavo la musica .

CHARLIE HADEN QUARTET WEST - Always say goodbye

L'haiku è per M., S., N., con cui trascorsi quella magica serata a sentire i Quartet West dal vivo. Ernie Watts al sax, davanti a tutti, con il suo ascott al collo. Alan Broadband, mezzo di schiena al pubblico, al pianoforte. Sulla destra innanzi a tutti il taurino Larance Marable alla batteria. Dietro al plexiglass, a causa dei suoi problemi d'udito, sullo sfondo, Charlie Haden al suo contrabbasso. Ricordo come fosse ieri che non riuscivo a stare fermo, mi dimenavo...come sempre ai concerti jazz. Ricordo l'assolo di batteria di 15 minuti e Charlie Haden che si mette a pulire il vetro di protezione con il fazzoletto, alitando qui e lì, mentre quello letteralmente inceneriva di classe i tamburi. Ricordo Charlie Haden che fa cenno al batterista di smettere e quello rispondere con un gesto gutturale tipo NITCH! per dire no...l'assolo dura ancora qualche minuto. Poi Marable fa cenno a tutti. Il pezzo riparte da dove era stato interrotto. Cose grandi.
Il Quartet West è una creatura romantica di Haden. Jazz elegante come il reggicalze di Rita Hayworth, per amanti di Casablanca, del labbro semi-paralizzato di Bogart con la sigaretta a penzoloni ed il whisky di contrabbando con il ghiaccio.
Always say goodbye è un disco stupendo, una ideale colonna sonora ad un film noir degli anni '30. Senza tempo, come certo cinema.
Lo trovate qui .

MICK HARRIS & MARTYN BATES - Murder Ballads (the complete collection)

Mick Harris, ai più noto per la militanza nella formazione grind dei Napalm Death, seguita dai progetti più o meno intransigenti dei Lull, Scorn, Painkiller. Martyn Bates, dei meno noti Eyeless in Gaza. Qui alle prese con un trittico di dischi per la nostra italianissima Musica Maxima Magnetica, il cui tema è fondamentalmente uno: l'assassinio. I dischi non differiscono poi molto dal punto del landscape musicale. Si tratta di ambient ultraminimale, maligno, freddo ed inquietante. Interessante invece l'aspetto lirico dei testi, intrisi di poesia funerea e post mortem, resi ancor più paurosi dalla voce di Bates che canta sì, ma sepolto oltre la musica, con un tono tra l'elegiaco e il necrofilo.
Musica da provare a casa da soli con lo stereo molto alto, o con le cuffie, possibilmente al buio od in penombra, guardandosi le spalle.
I tre volumi del cofanetto li trovate qui: Drift , Passages , Incest Songs .
Per i coraggiosi.