Questo album è da snob. Immaginate il tipo alternativo che dice: “io l’hip-hop non lo ascolto, ma questo disco…”. Una cosa così. D’altronde questo MC, prende il linguaggio del rap e lo trasfonde nella sua cultura musicale jazz. Un ragazzo bianco che suona la tromba ed ha una fascinazione assolutamente evidente per la letteratura. Infatti qui non si verseggia affatto per cercare la rima, l’assonanza, ma per raccontare storie, quadretti sia allegri che patetici. Insomma il clima è piuttosto urbano, da spettacolo di spoken word con sottofondo di percussioni jazzy e contrabbassi molli. A me piace molto l’apertura di disco, con la pioggia ed un drone di sitar a cauterizzare tutte le distrazioni dell’ascoltatore, per gettarlo poi in pasto al ragno del titolo (un giro di basso che s’acquatta grasso grasso sul pezzo), che fa scattare le zampette in cerca di prede (il clarinetto baritono e la chitarra in wha che appaiono e scompaiono), dando enfasi alle storie di Mark Griffin. Seguono un paio di pezzi molto funky – col vocoder e il flauto traverso – quasi ballabili. Su tutti i pezzi il meglio del meglio è stare and stare, con Vernon Reid dei Living Colors alla chitarra elettrica, qui non metal come nel suo solito ambiente, ma garbatamente jazz, che discute col basso elettrico. Bella storia, riflessioni sul razzismo a bordo della metropolitana. Pezzo principe dell’album, non si discute, ma a me piace francamente tantissimo bill’s dream. Solo batteria e percussioni in stile Liquid Liquid, a supporto di un divertente racconto con protagonista un ciccione che guarda la TV a capodanno.
Lo trovate qui: http://www.mediafire.com/?jgwz5jjmhmo
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